Innanzitutto vi suggeriamo di ascoltare queste composizioni nell’interpretazione del giovanissimo Benjamin T. Rossen, cliccando qui.
Johann Sebastian Bach (Eisenach, Turingia 1685 – Lipsia 1750) nacque da una famiglia che in sette generazioni produsse più di cinquanta musicisti illustri, da Veit Bach a Wilhelm Friedrich Ernst Bach. Johann Sebastian ricevette la prima educazione musicale dal padre, Johann Ambrosius. Rimasto orfano, andò a vivere e a studiare presso il fratello maggiore, Johann Christoph, organista a Ohrdruf. Nel 1700 Bach cominciò a guadagnarsi da vivere cantando nel coro della chiesa di San Michele a Lüneburg. Nel 1703 entrò a far parte come violinista dell’orchestra da camera del principe Johann Ernst a Weimar; quello stesso anno si trasferì ad Arnstadt, dove divenne organista di chiesa. Nell’ottobre del 1705 ottenne un mese di licenza per ascoltare il celebre organista e compositore Dietrich Buxtehude a Lubecca.
Nel 1707 sposò una cugina di secondo grado, Maria Barbara, e si trasferì a Mülhausen come organista nella chiesa di San Biagio. Tornò a Weimar l’anno seguente occupando il posto di organista e violinista alla corte ducale di Wilhelm Ernst e vi rimase per i successivi nove anni, assumendo nel 1714 l’incarico di direttore dell’orchestra di corte. Nel 1717 il principe Leopold invitò il compositore a Köthen con il ruolo di maestro di cappella.
La moglie morì nel 1720 e l’anno seguente egli sposò Anna Magdalena Wilcke, valente cantante e figlia di un musicista di corte. Nel 1723 Bach si trasferì a Lipsia, dove trascorse il resto della sua vita. Il suo ruolo di direttore musicale e maestro del coro della chiesa e della scuola della Thomaskirche era per molti versi insoddisfacente, a causa di continui scontri con le autorità cittadine che non apprezzavano il suo genio musicale. Nell’ultimo anno della sua vita Bach, divenuto quasi cieco, si sottopose ad una operazione chirurgica agli occhi che non ebbe buon esito; morì a Lipsia per un colpo apoplettico il 28 luglio 1750.
La maggior parte delle opere strumentali di Bach fu composta dall’autore nel corso della sua permanenza a Köthen, fra il 1717 e il 1723. Il principe Leopold era di fede calvinista (la liturgia calvinista concedeva alla musica un ruolo estremamente limitato) e quindi l’attività professionale di Bach era rivolta esclusivamente all’ambiente di corte, all’orchestra ed a singoli solisti. Tuttavia, non tutta la musica strumentale del periodo di Köthen venne destinata alla corte. Accanto alla produzione “ufficiale”, probabilmente proprio perché sollevato da incarichi liturgici, Bach trovò il tempo di dedicare un vasto numero di composizioni al circolo familiare, coltivando e sviluppando quella vocazione didattica che si sarebbe poi manifestata in maniera sistematica dopo il trasferimento a Lipsia del 1723.
I primi figli, avuti dal matrimonio con Maria Barbara – e fra questi converrà ricordare almeno il primogenito Wilhelm Friedemann, il figlio “scapestrato”, responsabile della dispersione di buona parte del lascito paterno, e il secondogenito Carl Philipp Emanuel, destinato ad imporsi come uno degli artisti sommi della sua epoca – e la stessa seconda moglie Anna Magdalena, musicista sensibile, poterono avvantaggiarsi nel loro studio e nel loro perfezionamento musicale di una vasta messe di brani cembalistici, pensati espressamente per la loro maturazione professionale e amatoriale.
A questo gruppo di opere appartengono anche le quindici Invenzioni a due voci BWV 772-786 e le quindici Sinfonie a tre voci BWV 787-801 (spesso impropriamente dette anch’esse Invenzioni). Sia le Invenzioni che le Sinfonie sono state tramandate in due differenti manoscritti autografi, il Klavier-Büchlein vor Wilhelm Friedemann Bach (contenente molti altri brani destinati al primogenito) e il cosiddetto autografo “BB P 610″, riservato esclusivamente alle Invenzioni e alle Sinfonie. Il termine “invenzione” era stato usato da alcuni autori italiani per indicare opere di libera creazione, simili al capriccio. Bach lo adottò soltanto per le composizioni a due voci, mentre per quelle a tre voci preferì usare “sinfonie”. Fonte principale è comunque considerato l’autografo “BB P 610″, manoscritto che reca la seguente illuminante premessa autografa:
“Metodo efficace con cui si presenta in forma chiara agli appassionati del clavicembalo e soprattutto a coloro che sono desiderosi di apprendere, non soltanto come si suona correttamente a due voci, ma anche come si può arrivare, man mano che l’allievo progredisce, a far buon uso di tre voci obbligate e ottenere così non soltanto delle buone invenzioni, ma poterle pure bene eseguire e soprattutto acquistare l’arte del cantabile e il gusto della composizione.”
In sostanza ci troviamo di fronte a brani che guidano i principianti figli di Bach nella progressiva maturazione della tecnica tastieristica; ed in questo caso le due raccolte, pensate non per un astratto studente, ma per la crescita musicale della prole del compositore, hanno acquisito nel tempo un valore universale, diventando passaggio obbligato praticamente per ogni pianista che si sia accostato alla tastiera, in un arco temporale che va dalla metà circa del XIX secolo ai nostri giorni e, verosimilmente, per i secoli venturi.
La difficoltà tecnica delle Invenzioni consiste principalmente nel fatto che il tema esposto all’inizio di ogni brano viene eseguito a rotazione da entrambe le mani; questo fa sì che le due mani si abituino a suonare nella massima indipendenza sia tecnicamente che espressivamente. Quanto alla difficoltà espressiva, è molto frequente infatti che a un passaggio più spiccatamente tecnico da eseguire con una mano, corrisponda un passaggio più lirico con l’altra mano. Le Invenzioni a due voci rappresentano, dunque, il primo vero approccio all’arte bachiana della polifonia, quella somma e complessa arte così ben definita da Goethe come “l’eterna armonia in dialogo con se stessa”.
Elena Zuccotto