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Franz Schubert (Vienna 1797-1828), figlio di un maestro di scuola, ricevette dal padre la prima educazione musicale.
Nel 1808 entrò a far parte dei fanciulli cantori della Cappella Imperiale, dove divenne allievo di Antonio Salieri, all’epoca considerato il maggior compositore vivente.
Alla fine degli studi, nel 1814, Schubert dovette iniziare a mantenersi e accettò quindi di continuare l’attività paterna; ma a questa non seppe mai adattarsi e finì con l’abbandonarla del tutto, dopo alcuni anni di intermittenti tentativi a fianco del padre.
Divenne allora indispensabile l’aiuto morale e materiale di un gruppo di facoltosi amici artisti, tra cui il cantante Michael Vogl, che fece conoscere alla società viennese gli straordinari Lieder del suo grande amico.
Attorniato dai suoi sostenitori, divenne protagonista di intense serate musicali, le famose “schubertiadi”, in cui venivano eseguite opere per pianoforte, musica d’insieme e Lieder alternati a danze (sempre musicate da Schubert) e ad allegri intermezzi culinari.
Purtroppo da questa popolarità non vennero i necessari benefici finanziari e Schubert, dalla fine del periodo scolastico alla precoce morte, alternò periodici ritorni in famiglia con lunghe permanenze in casa di amici; da questa situazione di perenne precarietà deriva il drammatico senso di solitudine che lo accompagnò per tutta la sua vita e che lo spinse a ricercare soprattutto toni lirici ed elegiaci.
La ricchissima produzione musicale schubertiana fino al 1820 è contrassegnata per lo più dai Lieder per voce e pianoforte, del tutto originali e innovativi, ispirati in gran parte dalla poesia di Goethe e di Heine.
Schubert visse sempre con il modello di Beethoven, che considerava inarrivabile. Per questo egli preferì distaccarsi dallo stile del grande compositore tedesco, creando nuove forme compositive ed espressive.
Le musiche strumentali composte prima del 1820 si possono catalogare sotto l’etichetta della musica d’intrattenimento, la “Hausmusik”; dopo il 1820, il compositore viennese si concentrò nel rinnovamento della musica per pianoforte e fino alla sua morte, avvenuta nel 1828 per febbre tifoidea, dopo l’aggravarsi della sifilide, si dedicò alla trasformazione profonda sia della grande forma della sonata, sia della forma del piccolo pezzo di carattere.
È qui che Schubert compie una miracolosa metamorfosi: il piccolo pezzo di tradizionale forma “leggera” diventa un intenso pezzo breve di intonazione lirica, perfetta controparte strumentale del Lied.
Ecco sbocciare, dal 1823 al 1828, gli Improvvisi, i Momenti Musicali, i Klavierstücke: gioielli di acuta introspezione e inesauribile invenzione melodica.
Il Klavierstück D 946 n. 2 in Mi bemolle maggiore fa parte della serie impressionante di capolavori dell’ultimo anno e si riallaccia ai grandi Lieder per la qualità della melodia, la logica degli sviluppi e l’alto contenuto drammatico.
Si assiste qui, infatti, alla trasformazione dei modi e delle danze della tradizione viennese (che viene da Haydn e Mozart), in struggenti melodie che non hanno alcun colore realistico. Il suono, infatti, appare velato e filtrato con un sottile senso di straniamento: una pura meraviglia da ammirare e in cui sublimare le tensioni dell’animo umano.
Elena Zuccotto