Innanzitutto vi consigliamo di ascoltare questo brano nell’interpretazione di Claudio Arrau, cliccando qui.
Nel periodo compreso tra il 1830 e il 1839, apparvero gran parte dei capolavori pianistici di Schumann fra cui Kinderszenen, Papillons, Carnaval, Kreisleriana, Studi Sinfonici, i Phantasiestücke, la Fantasia, le Novellette e il Faschingsschwank aus Wien (Carnevale di Vienna).
In tutti questi lavori traspare con molta chiarezza ed evidenza formale la modalità compositiva caratteristica di Schumann, fatta di slanci ardenti e di improvvisi ripiegamenti, di impeti e di tenerezza, di introspezioni psicologiche e di sogni fantastici, contrassegnati da un idealismo di pura matrice romantica. Un mondo poetico, insomma, punteggiato da stati emotivi diversi e più volte contrapposti, espressi sempre con straordinaria freschezza melodica e con una varietà armonica viva e frizzante anche nei sapori dissonanti.
Quando non ancora ventenne seguiva le lezioni di diritto e filosofia all’Università di Lipsia, alternandole con lo studio furioso del pianoforte, Schumann si avvicinò con entusiasmo alle opere di alcuni scrittori tedeschi della generazione romantica e in particolare mostrò la sua predilezione per il poeta Johann Paul Richter (detto Jean Paul) e per Ernst Theodor Amadeus Hoffmann. Specialmente quest’ultimo esercitò un influsso profondo sulla mente di Schumann: da lui egli prese il concetto secondo cui la musica parla il linguaggio più universale e in essa l’artista riversa tutte le sue passioni, i sentimenti e le emozioni in un’organica coerenza spirituale con la vita. Più volte nelle sue composizioni Schumann rimanda alle idee e alle invenzioni letterarie di entrambi gli scrittori: da Jean Paul, che aveva creato nel suo romanzo Flegeljahre (Anni di scapigliatura) le due figure contrapposte di Walt e Vult, egli prese spunto per il suo binomio preferito, l’appassionato Florestano e il sognatore Eusebio, raffigurazioni fantasiose e simboliche della sua anima conflittuale; a Hoffmann invece si richiamò quando scrisse Kreisleriana nel 1838, in omaggio all’estroso ed eccentrico maestro di cappella Johann Kreisler descritto nei racconti hoffmanniani.
Il clima del romanzo di Jean Paul è ben rappresentato nei Papillons, composti dal 1829 al 1831 e pubblicati nel 1832. Lo stesso Schumann del resto lo afferma in due lettere indirizzate a Rellstab e all’amica Henriette Voigt, in cui si trova questo preciso riferimento: “Avrei molto da dirle sul soggetto dei Papillons se Jean Paul non avesse spiegato queste cose meglio di me. Legga perciò le ultime pagine dei Flegeljahre.” Il filo che collega i Papillons, infatti, è la trama stessa dell’ultimo capitolo dell’opera narrativa di Jean Paul, in cui i protagonisti del lungo e bizzarro romanzo si ritrovano, si perdono, si rincorrono nell’atmosfera irreale di un ballo mascherato sul tema delle farfalle. Jean Paul nel capitolo citato scrive: “Un ballo en masque è forse quanto di più alto la vita può imitare nel puro gioco della fantasia”, e ancora in alcune pagine successive: “Da un punto di vista superiore la storia del genere umano può ben apparire come null’altro che un lungo ballo mascherato”. Nei Papillons, infatti, appaiono intrecciati e fusi in una mirabile sintesi di immaginazione due momenti diversi e apparentemente contrapposti dell’animo umano: lo slancio e la tensione verso un’idea di superiore bellezza e armonia, e la ricerca di un porto tranquillo, dove le passioni si placano e la mente si abbandona a pensieri più intimi e delicatamente introspettivi.
Come in un fantastico gioco del “doppio”, della maschera e della finzione, l’uomo si sforza di scoprire se stesso nell’alterità, in un clima di fascinosa e sottile ironia. In Papillons l’invenzione musicale è quanto mai varia e incessante nella sua caratterizzazione armonica; la frase melodica (sorprendente quella iniziale che ritorna anche alla fine) coglie con estrema semplicità e naturalezza i vari momenti di questa trasfigurazione romantica, in un quadro di rapide e incisive pennellate.
Già in questa opera giovanile Schumann si dimostra capace di creare una perfetta sintesi musicale della Sehnsucht romantica, cifra stilistica di tutta la sua produzione e simbolo del suo infinito anelito e della sua inappagabile ricerca di sé.
Elena Zuccotto