Innanzitutto vi consigliamo di ascoltare questo brano nell’interpretazione del pianista Alfred Brendel, cliccando qui.
Il termine “Impromptu” fu usato nell’800 dal boemo Václav Voříšek (ben noto a Schubert), in una raccolta di brani che richiamavano un’improvvisazione strumentale da fare alla presenza di amici, nel salotto di casa, per mostrare la propria bravura e cogliere lo spirito della serata; cosa che lo stesso Schubert faceva nelle sue “Schubertiadi” degli anni Venti. Sebbene, infatti, con la sua arte Franz Schubert (1797-1828) non abbia sempre goduto di una grande fortuna tra i contemporanei, attorno al suo carisma musicale si strinse un circolo di letterati, musicisti e amici che amavano riunirsi in serate dedicate alla sua musica, le cosiddette “Schubertiadi”, documentate come incontri informali dal 1817 e istituzionalizzate dal 1821 fin oltre la morte del compositore. Benché spesso molto frequentate, le Schubertiadi erano caratterizzate da un’atmosfera di raccoglimento e intimità cui ben si adattavano generi musicali quali i Lieder e i pezzi brevi per pianoforte.
È nell’età del Biedermaier che la letteratura pianistica tende sempre più ad abbandonare l’impegnativo genere della sonata per rivolgersi verso brani di breve durata (Improvvisi, Notturni, Studi, Momenti musicali); questo fenomeno è legato, oltre che a cause puramente musicali, ad un profondo mutamento nel costume esecutivo: la nuova figura del solista virtuoso per le sue esibizioni aveva bisogno di opere in grado di mettere in luce la sua tecnica, indipendentemente dal loro contenuto musicale. Da questo fenomeno Schubert, che non era un concertista professionista, fu toccato solo marginalmente; ma appunto perché egli aveva una concezione del pianismo cameristica e anti esibizionistica, le sue raccolte di brevi miniature, nate negli anni della maturità sulla scia della moda imperante, acquistano un interesse particolare.
Gli Improvvisi op.142 (D 935) – che appartengono all’ultimo anno di vita del compositore austriaco e precedono di pochi mesi i grandi affreschi delle ultime tre Sonate (D 958/960) – furono pubblicati, per volere dell’autore, anche singolarmente, allo scopo di poterli vendere con più facilità, come risulta da una lettera inviata dall’autore in data 21 febbraio 1828 all’editore Schott. I quattro capolavori, che Schumann in una nota quanto discussa recensione voleva considerare come movimenti di un’unica sonata (e in realtà poco apprezzandone proprio il terzo), mostrano tuttavia una straordinaria ambivalenza: ciascuna di queste pagine risulta, infatti, assolutamente compiuta in sé, e forma contemporaneamente un armonioso contrasto con le altre, grazie all’intrinseco carattere dei singoli brani e alle loro relazioni tonali.
L’Improvviso op.142 n.3 in si bemolle maggiore si compone di cinque variazioni su un tema dalle musiche di scena per Rosamunde, Principessa di Cipro (1823), ripreso anche nel secondo movimento del Quartetto in la minore. Le variazioni seguono il classico schema utilizzato e sviluppato da Beethoven, in cui nel loro susseguirsi aumentano la complessità ritmica e gli ornamenti, con l’inserimento di una modulazione prima del ritorno alla tonalità d’impianto per la variazione finale. L’Improvviso si presenta come un elegante affresco, sospeso tra giocosità apparentemente ingenua e virtuosismo raffinato, tipico della migliore tradizione viennese.
Elena Zuccotto