Vi consigliamo innanzitutto di ascoltare questo brano nell’interpretazione di Krystian Zimerman cliccando qui.
Figlio di un professore francese stabilitosi a Varsavia, Chopin dimostrò precocemente una notevole predisposizione musicale. Aveva sette anni, nel 1817, quando furono pubblicati i suoi primi lavori e il giovane Chopin divenne rapidamente famoso come pianista nei salotti di Varsavia. Finiti gli studi, nel 1829 si esibì a Vienna con successo e l’anno successivo partì per una nuova tournée che lo avrebbe allontanato per sempre dalla sua patria. Suonò in varie città in Austria e in Germania, dove gli giunse la notizia del fallimento della rivoluzione polacca e della caduta di Varsavia. Nel 1831 Chopin si stabilì definitivamente a Parigi, dove insegnò pianoforte e tenne concerti sempre acclamatissimi, ben inserendosi nell’ambiente artistico ed aristocratico della capitale.
Dopo un amore poco fortunato con la contessa Maria Wodzínska, in un soggiorno a Londra, Chopin conobbe la scrittrice George Sand con la quale iniziò una tormentata relazione amorosa durata oltre un decennio. Negli ultimi anni di vita il musicista visse quasi sempre a Parigi, tormentato dall’aggravarsi della tisi cui neppure climi come quello di Maiorca avevano giovato. Nel 1847 troncò il legame con la Sand e l’anno dopo suonò a Londra dove tenne il suo ultimo concerto a favore dei profughi polacchi. Nel gennaio 1849 tornò a Parigi, in pessime condizioni fisiche e in serie difficoltà economiche. Assistito dalla sorella Luisa, vi morì nel mese di ottobre. Ebbe grandiose onoranze funebri e fu sepolto a Parigi, accanto a Bellini e Cherubini. Il suo cuore fu portato in Polonia, nella chiesa di S. Croce a Varsavia.
Il nome di Chopin è legato al pianoforte, strumento a cui dedicò la quasi totalità della propria vita. Inarrivabile maestro nel legato, nel tocco, nella sfumatura dinamica, Chopin riuscì a creare un suono pianistico totalmente nuovo, intimo, vellutato, squisitamente romantico. Le sue opere, come ad esempio le Ballate, sono spesso di breve durata; tuttavia, in pochi minuti, Chopin ha la sorprendente abilità di condensare dei veri e propri mondi, raccontando storie ed emozioni capaci di penetrare e colpire nel profondo l’ascoltatore.
La ballata è una forma musicale antica, presente fin dal XIII secolo: si collega alla tradizione trovadorica e poi all’Ars Nova francese e fiorentina; il troubadour raccontava, cantandola ai suoi ascoltatori, una storia capace di suscitare emozioni e stupore. Il termine ballata poi ricomparve verso la fine del ’700 in Germania per indicare, senza connessione con l’antica forma, un genere di musica vocale associato a quelle opere letterarie romantiche di genere lirico-narrativo in cui eccelsero poeti come Herder, Goethe e Schiller. Con analoga ispirazione e finalità evocative poi, nell’800, si sviluppò in musica la ballata puramente strumentale con forma libera e discorsiva. Chopin ne fu il precursore con i suoi quattro capolavori, seguito da Liszt e da Brahms. Con una certa probabilità le Ballate chopiniane furono ispirate da quattro poemi di Adam Mickiewicz, il grande poeta polacco, esiliato dai Russi. Chopin ha, in realtà, soprattutto cercato di trasporre nel linguaggio dei suoni il tono epico della ballata letteraria, in cui i poeti romantici evocano leggende d’amore, d’armi, di cavalleria, vagheggiate in un favoloso Medioevo, con ricchezza di elementi fantastici; queste Ballate presero quindi forse spunto dalle opere di Mickiewicz, ma non ne furono mai una rappresentazione musicale.
La prima Ballata op. 23 in sol minore, che costò a Chopin ben quattro anni di lavoro (1831-35), alla sua presentazione scatenò un vero putiferio. Lo stesso Schumann la definì “una delle sue opere più selvagge e caratteristiche” e in una lettera a Heinrich Dorn a proposito della Ballata racconta: “Ho ricevuto una nuova ballata da Chopin. Sembra essere il lavoro più vicino al suo genio (anche se non il più ingenioso) e gli dissi che, fra tutte le sue composizioni, è quella che più mi era piaciuta. Dopo un silenzio assai lungo mi rispose con enfasi: ‘Sono contento di sentire dire ciò visto che è anche la mia preferita e ne ho grande affezione’.” Composta durante i suoi primi anni vissuti a Parigi e dedicata all’allora ambasciatore di Hannover in Francia, il barone di Stockhausen, è certamente uno dei massimi capolavori della musica per pianoforte di ogni tempo.
Elena Zuccotto