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Robert Schumann nacque nel 1810 a Zwickau in Sassonia. Figlio di un editore umanista, crebbe in un ambiente familiare estremamente favorevole allo sviluppo dei suoi vasti interessi letterari e musicali, in un’epoca e un clima nazionale percorsi dai più vivaci fermenti del Romanticismo. A nove anni il padre lo portò ad ascoltare Moscheles, uno dei più grandi pianisti del tempo e il piccolo Robert volle diventare pianista.
La sua formazione pianistica avvenne soprattutto per opera di Friedrich Wieck, un didatta che ebbe influssi determinanti, positivi e negativi, sulla vita di Schumann. Impressionato da un concerto di Paganini a Francoforte, scrisse una famosa lettera alla madre comunicandole la propria decisione di abbandonare l’università per dedicarsi interamente alla musica.
Non poté, tuttavia, coronare il sogno di diventare un grande pianista: un errato sistema per costringere le sue dita a più ampie articolazioni lo portò ad una temporanea paralisi alla mano destra e quindi all’impossibilità di affrontare la tastiera con adeguata sicurezza. Si dedicò, allora, agli studi di composizione ed ebbe anni di fecondo lavoro in cui scoprì la grandezza di Bach e dei classici pur avvicinandosi ad essi con spirito progressista: egli, infatti, si orientò verso tentativi di evoluzione della forma classica, dando il meglio di sé nelle numerose opere per pianoforte. Appaiono nel 1830 le Variazioni Abegg op.1, seguite dai Papillons op.2, che inaugurarono un decennio di completa dedizione alla composizione per pianoforte. L’opera pianistica di quegli anni (tra cui citiamo Carnaval op.9, 12 Études symphoniques op.13, Kreisleriana op.16, Fantasia op.17, Album für die Jugend op.68) rappresenta uno dei capitoli più importanti della storia dello strumento, un capitolo che si può paragonare solo all’opera pianistica che Chopin creò negli stessi anni. Come Chopin, che Schumann stimava ed amava, egli scoprì le qualità più intime del pianoforte, lo strumento romantico per eccellenza.
Accanto alla crescente attività compositiva, Schumann non trascurò mai l’esercizio della critica. Fondò a Lipsia la “Neue Zeitschrift für Musik” (Nuova rivista di musica) che egli stesso diresse e che ebbe un’importanza fondamentale nella vita culturale tedesca ed europea, costituendo un insuperabile modello di critica musicale. Gli attacchi di Schumann ai “filistei della musica” divennero un emblema, quasi un manifesto per la nuova generazione musicale.
Il musicista si innamorò di Clara Wieck, la figlia del suo maestro, l’insigne pianista che sarà la devota compagna della sua vita e la grande interprete della sua opera. Fu un amore contrastatissimo: il padre di Clara giunse, nella sua opposizione, a episodi di incredibile intolleranza. Finalmente il 12 settembre del 1840, con la tutela del tribunale, Robert poté sposare Clara. Seguirono anni felici, in cui i due musicisti compirono anche una fortunata ma non altrettanto remunerativa tournée in Russia.
Purtroppo la salute di Schumann era sempre più minata da gravi problemi nervosi che lo portarono nel 1854 a gettarsi disperatamente nel Reno; fu salvato da alcuni pescatori, ma Clara fu costretta ad internarlo nel manicomio di Endenich, vicino a Bonn. Robert morì due anni dopo. Negli ultimi anni della sua vita, la malattia fu alleviata dall’amicizia col giovane Brahms, di cui Schumann aveva intuito e nutrito il poderoso talento.
Tornando alla vasta produzione pianistica schumanniana, le Variazioni sul nome Abegg op.1 rappresentano la prima importante opera di autoaffermazione pianistica; qui la ricerca virtuosistica si accompagna all’originalità delle idee, espresse attraverso le molteplici iridescenze psicologiche di una personalità complessa. Originariamente pensato in versione per pianoforte e orchestra, il brano è composto da un tema, tre variazioni, un Cantabile e un Finale alla Fantasia. Il nome ABEGG, che secondo la notazione musicale tedesca corrisponde ai suoni la – si bemolle – mi – sol – sol, era quello di una giovane pianista, Meta, conosciuta durante un ballo a Mannheim. Nella dedica delle Variazioni, Meta viene trasformata in una inesistente contessa Pauline von Abegg: si esplica qui quella che sarà una costante della poetica schumanniana, la creazione di personaggi di fantasia esemplati su personaggi reali. Il nome di Meta – Pauline diviene il nucleo tematico di un valzer di struttura e carattere schubertiani, in cui le lettere danzanti del nome ABEGG si divertono a travestirsi in un imprevedibile gioco di maschere.
Elena Zuccotto